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mercoledì 22 luglio 2015

Narciso & Boccadoro


Bene. Ho appena terminato la lettura. Durata complessiva: meno di una settimana.
Onestamente, non avevo in programma di scrivere qualcosa in proposito, prima.
Prima che mi rendessi conto di quanta poesia fosse contenuta in queste pagine.
Di quanto dolore.

Di quanta catartica immedesimazione, ora nell'uno ora nell'altro.
Perché non basta dire "Io sono Boccadoro" no, devi scavare, cercare di capire e raccontare a te stesso quale dei tanti Boccadoro tu sia realmente.
Perché, diciamocelo, voglio ben augurarmi che nessuno abbia in animo la superba convinzione di potersi accostare anche solo lontanamente a Narciso.
Perché in tal caso, esiste una possibilità su cento che sia così e quella presunzione ne sarebbe anche la prova, ma ce ne sono altre 99 di possibilità che tu, caro mio, sia un coglione vanaglorioso anche piuttosto ridicolo.
Ma andiamo oltre.

Il dramma di questo libro, per me, è su vari piani.
Ha la capacità di toccarmi e sconvolgermi da tutti i punti di vista. Quello più leggero e quello più intimo.

Perché, insomma, non me ne vogliate. Ma a pagina 10 Boccadoro era "lieto di trovare questo giovane maestro così bello, così distinto, così serio e insieme così attraente e amabile".
Voi capite che questo è un libro benedetto da Lady Gaga!
Anche leggermente anacronistico, se vogliamo!

Ed è romantico. E' romantico in un modo triste, e quello è il romanticismo che preferisco.
Anche se ho odiato Hesse, l'ho maledetto anche in tedesco, per essere certa che capisse.
Ho sofferto.
Ma la bellezza della tragicità del romanticismo non  ha pari.
Perché generalmente ricerco il lieto fine, il rispetto, la canonica devozione. Ma quest'altro modo d'amare, quest'altra sfumatura d'amore, ha una bellezza dolorosa ed irraggiungibile.
Puoi solo guardarla, perché qualora tu ci fossi dentro non riusciresti a vederla, a viverla o sentirla.
Deve esserci una punta di sadismo in tutto questo.

Perché, fuori da ogni dubbio, i due si amavano.
Un amore che non guarisce Narciso dalla rinuncia, non avvicina Boccadoro alla castità. 
Si cambiano a vicenda. In realtà Narciso cambia Boccadoro, lo spinge, lontano da lui, incontro alla propria natura.
Boccadoro apre gli occhi a Narciso. Gli regala stati d'animo, sentimenti e debolezze.
Ma Narciso è Narciso. E' sempre se stesso. E' sempre l'ideale platonico di perfezione. Bello, colto, intelligente, onesto.

Il Principe Azzurro è Gay, ma per rendere scontenti proprio tutti, Hesse lo ha reso pure monaco!
Dunque #mainagioia condiviso a prescindere dall'orientamento sessuale.

Aldilà dell'aspetto romantico, però, è un altro il tema che mi ha illuminata, sconvolta e confusa.
Il doppio.

Nella mia vita, questa, è stata una tematica che mi ha sempre inseguita.

Madre o Padre. Spirito o Sensi. Ragione o Passione.
Il tutto nella spasmodica ed inutile ricerca del compromesso, dell'equilibrio.
Ed io non riesco a non pensare come Boccadoro. Per avere l'una, devi rinunciare all'altra. E' sempre una questione di rinunce. Ma un modo c'è, deve esserci. E, personalmente, spero non sia davvero l'arte considerata la mia totale incapacità di produrre un qualcosa di diverso dai bambini stilizzati.
Anche se, dato il seguito di Fontana per quattro squarci su una tela...
Che Sgarbi mi perdoni!

Torniamo a noi.
Padre o Madre. Come ci si deve sentire?
Io mi sento Boccadoro. E non sono certa se il Boccadoro dell'inizio che insegue qualcosa che non gli appartiene. Una madre mascherata da padre. O quello immediatamente dopo. Quello consapevole di essere un figlio della Madre. Di essere portato ad assecondare i sensi ed il cuore, invece che lo spirito, ma non parte, non ancora.
E non lo so. Forse resterò per sempre un Boccadoro che non esiste. Quello consapevole, che tutta via ancora cerca di somigliare a Narciso. Perché il mondo fa paura. Perché fuori c'è Vittore e c'è la peste. 
E' una questione di scegliere non solo la via, ma l'ipotesi del fallimento.
La noia o l'abbrutimento. 
Non è facile.
E poi, davvero è una scelta?

Pagine e pagine di comprensione, di lettura famelica, di parole che si mischiano in immagini, in rappresentazioni, in volti. Eppure ancora non ho deciso. Forse perché la decisione, in qualche modo finirebbe con l'ammazzare il doppio. E per quanto la scelta mi inquieti, non averla è peggio.
Essere troppo distante per tornare indietro.
Essere.

Ma su una cosa forse Boccadoro ha ragione. O forse, semplicemente la frase è talmente bella che da superficiale quale sono è l'impatto delle parole ha colpirmi, più che il reale significato.
"Come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza Madre non si può amare. Senza madre non si può morire".

E forse non si tratta di sensi, ma di materia e di mondo e di "creato". 
E per chi dovremmo trascorrere la vita ad essere Narciso? Per il nostro compiacimento? Per salvare un Boccadoro?
Forse, per quello, ne varrebbe la pena.

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